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0 La danza dei Dervisci Rotanti

  • Varie
  • di Giovanni Catemario
  • 29-10-2021
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" Molte strade portano a Dio. Io ho scelto quella della danza e della musica ". J. Rumi
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La danza accompagna da sempre l' uomo nella via iniziatica, è azione necessaria per l' incontro con il sacro, esperienza possibile solo con il superamento di ogni frammentazione, che conduce l' uomo a convibrare col Tutto. Il rito è il tentativo di ritrovare quella danza cosmica in cui l'uomo trascende la propia individualità e partecipa ai ritmi più generali dell' universo.
Le danze sacre sono un' antica forma di trasmissione dei "misteri", coloro che sono ammessi passano attraverso un insegnamento che prevede una lunga preparazione.
 
Il sufismo è la scienza diretta della conoscenza di Dio,i metodi e le dottrine derivano dal Corano ma provengono anche da fonti greche e hindu. Non esiste un solo movimento sufi, varie confraternite si riuniscono in luoghi, sotto la guida di un maestro. Vengono utilizzate varie tecniche come la concentrazione mentale, la respirazione, la recitazione di mantra,la meditazione (nel percorso iniziatico, in certi tipi di meditazione, la musica è un mezzo molto importante),e la danza ( una danza che è preghiera, sem, che rappresenta l'ascesa dell' uomo verso Dio, in cui l' io, la personalità si dissolve.Danza come mezzo per arrivare all' Amore Assoluto, che comporta annullamento del sè inferiore, fino a riconoscersi nell' Uno).
 
E' soprattutto la danza che, attraverso la spettacolare cerimonia dei "Dervisci Rotanti",ha reso nota una delle varie correnti sufi. Quella che solitamente viene mostrata in pubblico ne è solo una forma incompleta, in realtà le danze sufi sono molto complesse e necessitano di anni di lavoro per essere eseguite perfettamente,non solo come movimento corporeo ma anche come atteggiamento interiore.Il derviscio compie particolari esercizi interiori atti a raggiungere uno stato di equilibrio tra il centro della coordinazione motoria, il centro intellettivo e quello emozionale, fino a realizzare uno stato di "super-coscienza", che una volta stabilizzato come stato permanente viene detto "Comunione con Allah".
 
Derviscio deriva dal persiano "darwish", ossia mendicante implorante (povero è l'uomo che ha perduto Dio, l'Amato). In origine erano asceti che vivevano nel deserto in uno stato di estrema povertà, vestiti con una veste di lana (suf), il vestito e il piccollo secchio per l'acqua erano le loro uniche propietà.
 
Il derviscio è anche detto "il cercatore di porte",colui che cerca la soglia, il passaggio dal mondo terreno al mondo celeste.
 
La danza dei dervisci ha le sue origini in Turchia nel XIII secolo, fondata dal maestro sufi J.Rumi. Si narra che fu lui ad improvvisare questo tipo di danza in una strada di Konya e che in seguito gruppi di allievi dervisci si riunirono danzando davanti alle moschee . Rumi non fu solo un grande maestro ma anche un poeta riconosciuto come uno dei più importanti poeti mistici di tutti i tempi.
 
La dottrina sufista è una dottrina dell' unità: l'intero creato, compreso l'uomo, è manifestazione del divino, ecco che lo scopo del sufista è quello di raggiungere la completa immersione dell' io individuale nella sostanza universale. Nella danza Mevlevi, dei dervisci, il "povero", grazie alla virtù del canto, del suono e della danza può ritrovare l' unione con il divino.
 
Ogni aspetto di questa cerimonia dei dervisci, ha un profondo valore simbolico:
Nella stanza del sam entrano 13 danzatori, sulla testa hanno un alto copricapo scuro a forma di cilindro, simbolo della pietra tombale che imprigiona l'uomo nella condizione materiale, indossano un lungo mantello nero, simbolo dell'ignoranza che avvolge l'uomo.
 
Il maestro (semazen) è seduto sopra un tappeto rosso, il rosso tramonto del giorno in cui morì J. Rum. Il maestro è l'intermediario tra cielo e terra, sul suo cappello, sempre a forma di cilindro,vi è avvolta una sciarpa di colore rosso.
Il tutto inizia con una preghiera e con la musica di flauti,piccoli timpani e piatti di rame, vengono anche recitati mantra e canti tratti dai poemi di Rumi. I danzatori si tolgono il mantello e appare una veste totalmente bianca, molto ampia dalla vita in giù, lunga fino ai piedi, veste che è simbolo della purezza ma anche del sudario.Iniziano a girare su se stessi in senso antiorario, inizialmente a braccia incrociate e in seguito con le braccia distese orizzontalmente. Una mano è volta in alto, come simbolo dell'accoglienza della grazia divina, l'altra mano volta al suolo, il trasferimento di questa grazia divina sulla terra.Le dita del piede sinisstro sono poggiate al suolo,l'altro piede è sollevato e dona lo slancio per la rotazione. La testa è lievemente inclinata e voltata verso destra, gli occhi fissano la mano sinistra.La danza da lenta si fa sempre piu' veloce,fino a mantenersi in un ritmo costante. Le candide tonache formano una grande campana intorno al corpo.
 
E' questo un atteggiamento di apertura, di accoglienza, il danzatore si offre all' energia fecondatrice che si impossessa di lui, lo libera dai legami con il corpo, la vertigine viene vinta, lo spirito divino si infonde nel corpo umano. E' abbandono dell'io, estasi mistica.
 
Quando viene realizzato questo stato di estasi, la musica cessa, e tutto procede nel silenzio.
 
Al termine, una dolce musica di flauto richiama i danzatori.
 
Si tratta di una danza dal significato chiaramente astrale, i dervisci ruotano intorno al propio asse ma in seguito si muovono anche nella stanza, portandosi intorno al maestro che rappresenta il sole.
 
Qui ritroviamo un movimento che non è movimento qualsiasi, ma movimento che si compie intorno ad un centro immobile, un "punto fisso" di comunicazione tra terra e cielo.
 
Anche in questa danza sacra si ripete il motivo di morte e rinascita,e di un punto in cui tutte le cose sono presenti in uno stato di perfetta simultaneità,lo stato di armonia e il cuore come centro dell'essere e dimora divina,il cuore che non è solo sede dell'affettività,dei sentimenti, ma centro dell'intelligenza pura (nel senso universale), capace di donare calore ma anche di "far luce".
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"Di là dalle idee,
di là da ciò che è giusto e ingiusto,
c'è un luogo.
Incontriamoci là".
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Mevlana Jalaluddin Rumi
 
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